Cambio di dominio
martedì, marzo 16, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Salve a tutti!

Il blog cambia indirizzo. Sarà sempre più o meno lo stesso, magari con qualche piccola modifica nei titoli e soprattutto alla URL, che diventa: http://alessandrobianchi.blogspot.com

Non so di preciso come sia possibile che possiate leggere questo post, dal momento che ho inserito un reindirizzamento automatico che vi porterà direttamente al nuovo dominio.

Ci sentiamo di là! :)
Piccoli attimi di trash-pleasure
domenica, marzo 14, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Chi pensava che con Bad Romance avessimo toccato le più alte vette della musica trash si sbaglia alla grande. Lady Gaga torna a regalarci profondi spunti di riflessione con un testo toccante (toccante quasi quanto la castità e la purezza del suo video) e con le sue immancabili eco dance. Dai, nove minuti di unz unz. Apprezziamo, apprezziamo...

Telephone
Cast: Lady Gaga, Beyoncé, Tyrese Gibson
Sceneggiatura: Lady Gaga e Jonas Akerlund
Regia: Jonas Akerlund



P.S. Mi fa trooooooppo ridere quando esce dal penitenziario con la parrucca bionda e il cappello!
E fu così che passai a Beni Culturali
sabato, marzo 13, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Utilizzerò questi minuti che mi separano dal pranzo per raccontarvi un fatto singolare che mi è capitato ieri. Inutile che neghi di aver formulato la frase appena riportata unicamente con lo scopo di scrivere la parola "singolare". Una parola squisita, nevvero! Certo, se fossi un briciolo più furbo avrei potuto dire qualcosa come "Se Tomasi di Lampedusa sono due, al singolare è Tomaso di Lampedusa?"

Bene, una volta detta la cretinata introduttiva di rito, posso passare alla polpa (si fa per dire...) dell'intervento. Ieri pomeriggio mi trovavo al mio solito Polo (in tutti i sensi, visto che se non stai nei pressi di una stufa inizi a congelare). Ero nel laboratorino che mi scervellavo su come poter ascoltare subito il nuovo singolo dei Baustelle. Ero collegato su Linux e YouTube su Linux ha bisogno di un software che non è installato sulle macchine del Polo. Al di là delle questioni tecniche che avrei benissimo potuto tenere per me, il nocciolo della questione è che decido che mi sarei spostato un attimo nel laboratorio con Windows. Sono a metà strada, quando...
Voce - Scusa, posso chiederti un'informazione?

Appartiene a una donna. Non sono molto bravo a stimare le età delle persone, comunque lei avrà avuto sicuramente trent'anni, forse quaranta. Aveva una pronuncia nordica, pur essendo italiana. Lisca.  Capelli rossi. Vestita alternativa, sciarpe tutte colorate e cappellino da negozio etnico. 

Io - Sì, certo.
Donna - Tu studi informatica?

Io - Sì.

Donna - Ecco, io vorrei farmi un indirizzo di posta elettronica. Lo avevo su Yahoo ma ho paura che ci sia qualcuno che mi legga la posta illegalmente. E' possibile?

Io - Beh, non mi sembra la persona che custodisce segreti di stato o codici di sicurezza mondiale, comunque...

Beh, questo qui sopra non gliel'ho detto davvero. Però l'ho pensato! Nel senso: a chi vuoi che interessi la tua posta? Ma poi mi sono ricordato della regola base: niente è come sembra. Quindi mi sono limitato a dire:

Io - Beh, sì, è possibile.

Donna - Ecco, mi sapresti dare delle indicazioni precise su come farmi un indirizzo?

Io - Sì, dunque, cioè, nel senso, insomma, dunque, beh, innanzitutto cerca...

Donna - Mi potresti far vedere?

Sfacciata, la tipa. Mi piace! Salutando con la manina la prospettiva di ascoltare la canzone che cercavo, la conduco in un laboratorio.

Io - E' stata un po' sfortunata, ha beccato l'informatico più scarso di tutta la facoltà, ma questo dovrei saperlo fare...

Cinque minuti dopo che avevamo cominciato la creazione di un nuovo account con gmail, entra un professore nel laboratorio che deve tenere una lezione.

Donna - Possiamo andare da un'altra parte? Preferisco.

Dato che l'unico altro laboratorio disponibile era il mio, sono costretto a portarla lì. Nel frattempo, passiamo davanti a Hind ed Emilio, e io cerco di rendermi più invisibile possibile, perché non avrei saputo rispondere ad eventuali sguardi interrogativi (poi scoprirò che Hind non mi aveva notato, invece Emilio aveva chiesto "Chi è l'amica di Alessandro?"). 

Prima di entrare nel laboratorio, lei - che probabilmente stava avendo dei ripensamenti sulla scelta del ragazzo a cui chiedere aiuto - mi fa

Donna - Ma tu studi davvero informatica?
Io - Ehm... Sì

Donna - Dalla faccia mi sembravi più uno da... Non so, Beni Culturali.

Ecco. Ora, secondo Giulia questo è stato un complimento. Secondo papà invece ha voluto dire che ho la faccia di uno che non fa un cazzo a giornate. Lì per lì non ci ho ragionato molto, e ho risposto che in effetti quando ho scelto il corso di laurea avevo tra le opzioni anche qualcosa di più umanistico. Poi sono inspiegabilmente finito a informatica.

Donna - E a che anno sei? Quanto ti manca per finire? Ti riesce? Ma ti piace?

Intanto che la conversazione proseguiva, io avevo riavviato la procedura di creazione account. Avevo inserito tutti i dati. L'errore che faceva lei era quello di non inserire correttamente la password. Tra l'altro, non mi ricordavo che ci volessero per forza dei numeri nella password. Comunque, Google alla fine di tutto il procedimento chiede un numero di cellulare per la conferma dell'account.

Donna - Il numero di cellulare? Nooo ma io non sono d'accordo, mi spiace... E poi guarda che cosa c'è scritto qui: "Google assicura che non venderemo il tuo numero a terzi". Non ven-de-re-mo! Io la trovo piuttosto grave questa cosa...

Io dico che capisco la sua diffidenza ma che penso che lo scrivano per formalità e per la sicurezza dei clienti. Comunque non c'è niente da fare: 'sta tipa non vuole dare il numero. Tuttavia, adesso che ha imparato la procedura, può riprovare da sé. Dopo un'ultima parentesi su un finlandese che diversi anni fa l'ha scioccata mostrandole un codice di linguaggio di programmazione (mi chiedo come si sentirebbe se vedesse l'algoritmo del qsort), mi augura di terminare gli studi (...) e mi saluta. E io posso dedicarmi agli spietatissimi Baustelle.

Parentesi di me
giovedì, marzo 11, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Credo sia giunto il momento di riprendere questo blog tra le dita. Gli ultimi interventi non sono stati molto sostanziosi. Una o due foto. Una canzone, qualche riga. Decisamente insufficiente. Insufficiente per me, intendo. Oh, sì, è una critica puramente autoriferita, la mia. Difatti, come posso alimentare il mio ego e gonfiarlo fino a fargli assumere dimensioni spropositate se non mi bulleggio un po' sul blog personale?

(Parentesi numero uno. "Bulleggiare" è un verbo entrato nel mio vocabolario solo recentemente - e detto tra noi la mia speranza è che ci esca nel giro di poco tempo. Se fosse questa l'ultima volta che lo uso sarei felice. Okay, no, non sarei felice, però leggermente più sollevato sì. Diciamo più sollevato del 5%. Toh, buttalo via, il 5%. Cosa cazzo sto scrivendo? Parentesi, chiuditi!)

(Ehi, obbedienti queste parentesi! Non le ricordavo così docili. Questa era la parentesi numero due)

(Ci ho preso gusto. Squadra che vince non si cambia. Ma che c'entra? Nulla. Era per dire che ora m'è presa la fissa di numerare le parentesi. Questa che si sta per chiudere è la terza)

Abbiamo finito di scrivere stronzate dentro le parentesi?! Come se non avesse valore quel che viene scritto all'interno di una parentesi. MAGARI! Tutte le date di storia che il prof voleva sapere nei compiti... Che poi basta scriverle su un bigliettino e il gioco è fatto. Non che io usassi i bigliettini eh, noooooooo! Lo dicevo così. 
Ma torniamo a noi - o meglio: a me, non dimentichiamoci che questo blog è quasi completamente alecentrico. Dunque, stavo facendo finta di scusarmi per la mia prolungata assenza. In realtà è tutto un trucco per parlare di me, e siccome sono abbastanza presuntuoso da credere che la cosa possa interessare a qualcuno, penso che lo farò. Parlerò di me.

(Parentesi numero quattro: uoooooooooo che novità, parli di te! ... ... ... Ora, diciamoci la verità, qui non serviva una parentesi. E' l'estetica che lo chiedeva. Ci stava bene, dai. Ora però può anche finire, grazie)

Prima di essere interrotto (sta cominciando a essere irritante 'sta storia delle parentesi, comunque) stavo scrivendo qualcosa di me. E' mia intenzione raccontarvi in poche righe ciò che mi è accaduto durante questa assenza. O, più che altro, ciò che mi ricordo. Come sapete ho una memoria piuttosto scarsa. Un informatico direbbe che la mia cache ha pochi e malfunzionanti registri associativi ma, poiché non sono un informatico, io non lo dirò. Ad ogni modo, se non vi interessa un'emerita sembola delle cose mie, siete liberi di chiudere il blog e io giuro che non me la prenderò. Ma vi avviso che potreste rischiare di perdervi un'altra delle mie esilaranti parentesi. Uao, capite che rimpianti?

Penso che il primo argomento spetti al teatro. Con mio gran disappunto, mi piace. Ho una piccolissima parte in una commedia che verrà messa in scena ad Aprile, e nonostante il mio ruolo non sia molto importante sono state comunque necessarie molte molte prove.
Inoltre ho seguito un corso di teatro sociale che si basava sulla tecnica del playback theatre. Non è molto praticato in Italia, comunque io consiglio di provare a tutti quelli che ne avranno l'occasione. All'inizio ti senti veramente ridicolo e a disagio. Ti fanno fare cose assurde (tipo fare finta di essere alberi volanti, per citarne una). Poi, però, qualcosa in cambio ti arriva. E cioè la consapevolezza che siamo tutti ridicoli, e quindi tanto vale essere chi si è. Potrei scrivere del playback theatre per tutto il post, ma lo farò un altro giorno: the show must go on (non c'incastra niente, m'è venuto così...).
Con la musica non sono andato molto avanti. Ho riscoperto il Sussidiario illustrato della giovinezza dei Baustelle, ed è la mia nuova droga. Tra parentesi, domani esce il nuovo singolo dei Baustelle. Se sarà una delusione mi impicco al Dipartimento di Matematica. 

(Parentesi numero cinque. E' necessario specificare perché proprio al Dipartimento di Matematica. Semplicissimo: l'edificio si affaccia su una strada lunghissima. Quindi il mio corpo inerte e strafigo - poiché ovviamente mi suiciderò in camicia - sarà visibile a tutta la via. Con un binocolo, magari)

Altra musica? Bennato, Subsonica, qualcosa di Carmen Consoli e dei Muse, Perigeo (questi non li conoscete eh... perlina di Ale!), e da pochi giorni gli Who, che stanno facendo da colonna sonora a questo post (leggasi: scarico tutta la colpa a loro). 
Casa mia ormai è a posto. Più o meno, ecco. Okay, io dormo sempre su dai nonni, ma il mio nuovo letto dovrebbe arrivare a giorni. Me lo ripetono sempre, che "il mio nuovo letto dovrebbe arrivare a giorni". Sono circa tre settimane che questi "giorni" non "arrivano", però.
Ambito accademico: una nuova sensazionale scoperta. Non so programmare. Yuppi! In realtà la cosa più simpatica è che ho iniziato ad andare in facoltà con le lenti a contatto, con conseguente mal di testa causato dalla scarsa abitudine di portarle per tante ore di fila.
Domenica scorsa sono stato a vedere Alice in Wonderland. Non vi nascondo che mi fa una rabbia immensa sapere che quello che è uno dei miei libri preferiti adesso sarà sulla bocca di tutta l'imbecillità facebookiana, solo perché Tim Burton l'ha voluto rappresentare (a mio avviso distorcendo "un attimino" l'impronta Carrolliana, ma riuscendo comunque a creare una pellicola pazza, visionaria e per nulla deludente).

Direi che a questo punto posso omettere tutti i particolari poco piacevoli di questo mese. Questo per evitare di rendere il post chilometrico, dato che vedo che già così mi sembra piuttosto lungo. Inoltre, ho scritto questo papiello con l'egoistica intenzione di mettermi allegria. Non vorrei rovinare tutto parlando di cose sconvenienti!

Vi volevo lasciare con una frase epica. Un finale magnetico, non so. Mi butto sul drammatico:

I'm back, blog. 

Che ne dite? Sufficientemente ridicolo? Massì, massì.

Portami fuori a cena, B a u s t e l l e
mercoledì, marzo 03, 2010 | Author: Ale [Tredici]

...sto arrivando!


 P.S. Rassicuro i miei fedelissimi lettori che sono sempre vivo. C'è stato un momento di stasi ma niente paura: presto tornerò a scrivere scemenze!
...ma chi sarà la Carla Bruni di Cristicchi?
giovedì, febbraio 18, 2010 | Author: Ale [Tredici]






La gente non ha voglia di pensare cose negative
La gente vuol godersi in pace le vacanze estive
Ci siamo rotti il pacco di sentire che va tutto male
Della valanga di brutte notizie al telegiornale
C’è – l’Italia paese di Santi
Pochi idraulici e troppe badanti
C’è – l’Italia paese della Libertè
Egalitè e del Gioca Giuè!
C’è – l’Italia s’è desta ma
Dipende dai punti di vista
C’è la crisi mondiale che avanza
E i terremoti ancora in vacanza
Ma meno male che c’è Carla Bruni
Siamo fatti così – Sarkonò Sarkosì
Che bella Carla Bruni
Se si parla di te il problema non c’è
Io rido… io rido…
Ambarabaciccicoccò soldi e coca sul comò!
C’è l’Italia dei video ricatti
C’è la nonna coi seni rifatti
E vissero tutti felici e contenti
Ma disinformati sui fatti
Osama è ancora latitante
L’ho visto ieri al ristorante!
Lo so che voi non mi credete
Se sbaglio mi corigete
Ma meno male che c’è Carla Bruni
Siamo fatti così – Sarkonò Sarkosì
Che bella Carla Bruni
Se si parla di te il problema non c’è
Io rido… io rido…
La verità è come il vetro
Che è trasparente se non è appannato
Per nascondere quello che c’è dietro
Basta aprire bocca e dargli fiato!
…Carla Bruni… Carla Bruni…
Ma meno male che c’è Carla Bruni
Siamo fatti così – Sarkonò Sarkosì
Che bella Carla Bruni
Se si parla di te il problema non c’è
Io me la prendo con qualcuno
Tu te la prendi con qualcuno
Lui se la prendi con qualcuno
E sbatte la testa contro il muro
Io me la prendo con qualcuno
Tu te la prendi con qualcuno
Lui se la prendi con qualcuno
Noi ce la prendiamo…



P.S. Questo è il centesimo post di questo blog. Auguri blogghino!!!

 
21
lunedì, febbraio 15, 2010 | Author: Ale [Tredici]

Successo paranormale
domenica, febbraio 14, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Paranormal Activity è un film girato con undicimila dollari e ne ha già incassati più di 100 milioni. Paranormal Activity è un horror che, secondo il tagline, "non ci farà più dormire". Paranormal Activity è "il film che ha terrorizzato l'America".

Ma, sopratutto, Paranormal Activity è una grandissima buffonata.

Non ho problemi ad ammettere che i film di paura... mi fanno paura. Infatti li guardo raramente, perché so benissimo che poi avrò problemi a girare per casa di notte. Non è colpa mia se gli assassini si nascondono tra le ombre e sono pronti ad aggredirti quando meno te lo aspetti, ecco.

Tuttavia, faccio una fatica enorme a comprendere come Paranormal Activity possa aver turbato così tante persone. Addirittura "l'America"! Ho letto che qualcuno ha avuto crisi di panico al cinema. E lo stesso Spielberg ha manifestato dolori d'ansia. 

Boh.

Penso che l'opera pubblicitaria mastodontica che il film ha avuto sia stata rilevante nel determinare il suo successo. Io stesso lo sono voluto andare a vedere perché avevo letto e sentito ovunque che era il film più spaventoso di sempre. Queste cose mi incuriosiscono. E infatti stavo seduto sulla poltroncina del cinema tutto in tensione, a lamentarmi della poco originale abitudine dei protagonisti degli horror di non accendere mai le luci (sarebbe la prima cosa da fare, Dio santo! C'hai un demone per casa e lo vai a cercare al buio?! Ma sei idiota!). E intanto che guardavo il film, mi aspettavo che prima o poi sarebbe arrivato il momento stra-super-iper-mega-pauroso. Che però non è arrivato.

E non credo che questa mancanza sia dovuta alla censura italiana fatta alla pellicola, la quale "altrimenti sarebbe risultata troppo terrificante". Anzi, sinceramente non credo proprio che esista, una versione integrale del film.

Carina l'idea di base, del demone che perseguita una ragazza; carina anche l'idea (nonostante già vista) di usare delle riprese in stile amatoriale, per rendere più verosimile la storia con l'effetto documentario.

Assolutamente pessimo il finale. Troppo facile non dare spiegazioni. Per un'ora e mezzo mi vengono dati indizi di ogni tipo, e mi aspetto che alla fine il puzzle si ricomponga. Invece rimane scomposto, e s'insinua sempre più intensamente l'idea che questa sbrigatività nel non rispondere sia dovuta all'effettiva mancanza di risposte. E ciò è terribilmente sleale. 

Il successo che il film ha avuto: questo sì che è Paranormal, altro che l'Activity

Bye bye Tonio
giovedì, febbraio 11, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Diciamo che è da Martedì della scorsa settimana che spendo gran parte del tempo che passo con i parenti in una sola maniera: dare la mia opinione sul "caso Morgan". Ho raggiunto il record Domenica, con un'ora e mezzo ininterrotta su discorsi di droga, Italia, ipocrisie e moralismi. Si sa: è il giorno del Signore, e tutti siamo propensi a fare le nostre omelie. Ma - cielo santissimo - un'ora e mezzo è veramente troppo tempo. E infatti adesso non ne voglio più sapere. Devo tenermi in forze per la prossima discussione.

Il preambolo che avete appena letto serve per dire che tutta questa vicenda non ha fatto altro che aumentare il mio odio nei confronti di: 1) televisione in generale, 2) RAI.

Ma ho appena letto un altro articolo che mi ha veramente sconvolto.

Ebbene, la Melevisione chiude.

Sì, il noto programma per bambini di Rai3, fonte inesauribile di spunti e battute varie, sparirà dal palinsesto insieme a Trebisonda, GT Ragazzi, Videogiornale del Fantabosco (che a quanto c'è scritto su internet sono altri programmi per ragazzi). 

Inizialmente ne ero dispiaciuto. Avevo guardato le prime stagioni della melevisione e ci sono in qualche modo affezionato. Diversi anni fa avevo persino creato un mio giornale (fatto con un foglio protocollo e gli articoli ritagliati dai giornali veri... 'na cazzata, insomma) che avevo chiamato, molto originalmente, "il Fantabosco".

Andando avanti a leggere, ho scoperto che la ragione della chiusura della ghenga di Tonio Cartonio è la necessità, in tempo di crisi, di ottimizzare i costi e risparmiare un po'.

Bene. 

Invece di partire a risparmiare sui programmi che, oltre a essere destinati ai più piccoli e deboli, rappresentano quella esigua striscia di televisione sana, vi suggerisco io altre cose su cui è possibile ottimizzare:

  1. Festival di Sanremo. Io sarei proprio per abbatterlo, vista la sua recente conversione da "competizione canora" a "reality show". Comunque, se proprio lo si vuole tenere, sono sicuro che qualche sforbiciata ci si può dare.
  2. Paris Hilton. Il suo invito a Miss Italia non mi pareva un'urgenza così impellente, e soprattutto ho l'impressione che i 500 mila euro che le sono stati dati non corrispondano proporzionalmente alla consistenza del suo personaggio. Voglio dire: ma chi è?
  3. Porta a Porta. Ah, no, già. Quella non si tocca. Chiamiamola volontà divina.
  4. Isola dei Famosi. Con la metà del guardaroba della Ventura si riuscirebbe a finanziare una missione su Marte.
  5. Partite dell'Italia. Beh, se perlomeno vincesse! 
  6. Domenica In. Più che in budget, io taglierei tutta la superficialità e tutto il qualunquismo con cui affrontano i temi importanti. Sarebbe un'ottimizzazione eccellente.
Mi fermo qua, ma sono sicurissimo che esiste una quantità enorme di altri esempi.
Tonio Cartonio for President!

Così. Pregiudizi. Uno stream of.
domenica, febbraio 07, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Il termine psicosi fu introdotto nel 1845 da Ernst von Feuchtersleben con il significato di "malattia mentale o follia". È un grave disturbo psichiatrico, espressione di una grave alterazione dell'equilibrio psichico dell'individuo, con compromissione dell'esame di realtà e dunque con la negazione[1] come meccanismo di difesa, inquadrabile da diversi punti di vista a seconda della lettura psichiatrica di partenza e quindi del modello di riferimento.







Questo messaggio lo dedichiamo ai folli. A tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Potete citarli. Essere in disaccordo con loro.
Potete glorificarli o denigrarli, ma l'unica cosa che non potete fare è ignorarli.
Perché riescono a cambiare le cose.
E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio.
Perché solo coloro che sono abbastastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero.

[Mohandas Karmchand Gandhi]



Xenofobia (dal greco ξενοφοβία, xenophobia, ossia "paura del diverso"; composto da ξένος, xenos, "estraneo, insolito" e φόβος, phobos, "paura"), ossia la paura di ciò che è distinto per natura, razza o specie. A volte questo atteggiamento non si ferma alla semplice paura ma sfocia in una vera e propria intolleranza e discriminazione nei confronti dell'oggetto della propria paura.
Il termine è tipicamente usato per descrivere la paura o l'avversione per ciò che è estraneo; il razzismo viene oggi erroneamente considerato da molti come una forma di xenofobia, come anche i pregiudizi e l'omofobia. La xenofobia, a sua volta, viene oggi erroneamente considerata razzismo. Il timore per il diverso, diverso di religione, razza o nazionalità, non significa necessariamente razzismo. Avere timore o paura non significa considerare inferiore. La derivazione greca della parola ne è la corretta interpretazione, oggi dilatata dai media soprattutto nei casi di faziosità politica.




E se 
tuo figlio 
venisse 
dalla Luna?

Non c'è niente di cui aver paura
giovedì, febbraio 04, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Una casa alla fine del mondo è un film girato vent'anni fa che mi ha insegnato che posso tranquillamente cominciare a scrivere un post senza sapere come lo terminerò. E questo che state leggendo è il frutto di tale lezione.

Una casa alla fine del mondo mi sarebbe sembrato fantascienza - e nessuno dei protagonisti è un alieno, pensate - se solo un mio amico, tornando dalla Danimarca l'estate scorsa, non mi avesse detto che lì stanno approvando una legge per le unioni di più di due coniugi. Sì, perché questo film rielabora il concetto di famiglia per mostrarne un tipo alternativo. Quando dico "alternativo" non intendo giusto o sbagliato. Intendo semplicemente diverso.


Una casa alla fine del mondo parla di tre persone che si amano e creano la loro famiglia. Hanno una figlia a cui badano tutti e tre; si costruiscono una casa, insieme; lavorano, mangiano, dormono, scherzano, vivono. In un primo momento mi colpiva la semplicità con cui sono presentate le loro vite, ma col passare dei minuti riuscivo a trovarla sempre più naturale. 


Una casa alla fine del mondo sostiene che "Tutto si può ballare" e che "Non c'è niente di cui aver paura": due punti di vista che non posso non condividere. E spiega che gli ostacoli che si incontrano nuotando controcorrente sono infiniti, e che non tutti riescono a farcela. Qualcuno scappa, dimenticandosi che non c'è nessuno che abbia realmente il diritto di inseguirlo. 


Avrei dovuto odiare Una casa alla fine del mondo. Per motivi che non sto qui a spiegare, avevo iniziato a guardarlo col preciso intento di distruggere ogni suo fotogramma. Ahimé, sono una persona obiettiva, spesso. Stavolta no, ma non riesco comunque a evitare di provare emozioni, e questo film me ne ha date tante. Ed è una di quelle cose che ti illudono che tutto sia possibile, perfino abbattere le convenzioni. Molto più facile credere agli asini volanti, direi.


Consigliato a chi vuole stare bene per un'ora e trentadue minuti e a chi vuole stare tremendamente male dopo averlo visto.






Delusione Avatar
martedì, febbraio 02, 2010 | Author: Ale [Tredici]

Sono passati quattro giorni da quando l’ho visto al cinema. Il tempo che è servito all’estasi per evaporare e lasciare che gli effetti speciali la smettessero di stordirmi. Oh, no: nulla a che vedere col mal di testa da 3D. Quello mi ha dato noia nei primi cinque minuti, poi è passato. Intendo, invece, che le novità tecnologiche impiegate in Avatar mi hanno confuso, impedendomi di andare oltre.
Ora, lungi da me giudicare chi invece con Avatar ha provato delle emozioni. Ognuno ha bisogno di cose diverse, dall’apoteosi della frivolezza all’eccesso di intellettualoidità. Io stesso ammetto che mi sia piaciuto, nonostante credo che tutto il fascino del film stia nella squisita e solo superficiale presenza degli effetti speciali.

Nessun desiderio o bisogno di distinguermi dalla massa. O meglio: okay, ho gusti diversi, ma non sono voluti. Evidentemente la fantascienza non è il mio genere. Tra l’altro, non so se “ho” un genere cinematografico preferito. Comunque, ripeto che tutto sommato Avatar è un bel film. Vorrei però fare qualche considerazione in merito.

Il 3D è “una ganzata paurosa”. Consentitemi il termine (un misto tra il toscano e il linguaggio adolescenziale). Sì, evviva il 3D, una novità, la novità! – e per 11 euro non avrei mai ammesso il contrario, cacchio. E l’eccitazione non si ferma mica qui: siamo nel duemilacentocinquantaquattro, (che figoooo!) e gli uomini si spostano grazie a dei robot giganti (noooo!) e ci sono – pensate! – le astronavi.

Fin qui è tutto molto divertente. Come divertente è anche la trama, e coinvolgente: nonostante io abbia una repulsione tremenda per i film che durano più di due ore, le tre di Avatar non mi sono pesate affatto (comunque non lo rivedrò per altri dieci anni, centoottanta minuti bastano e avanzano). Le sparatorie e gli inseguimenti ti prendono e ti lasciano incollato allo schermo per tutto il tempo.

Dove sta la delusione? Beh. La trama, per quanto divertente, non osa. Okay, gli uomini cattivi e gli alieni buoni; okay, la storia d’amore interraziale (dopo Twilight, ci mancavano le relazioni uomo-alieno). Ma… c’è un pianeta nuovo su cui ambientare una storia e l’unico mezzo colpo di genio che ho visto è stata la connessione tra le code (non mi viene un altro modo per chiamarlo).
E poi? Fine. Non mi basta alzare di un metro un uomo e colorarlo di blu per avere una specie diversa. Prendi una tribù di indigeni ed otterresti la stessa cosa. E prendere un cavallo e aggiungerci una zampa non ti dà un nuovo animale. Ti dà un cavallo con cinque zampe. Un gatto nero gigante che ti insegue e ti vuole mangiare esiste già: si chiama pantera. E così pure un rinoceronte con la cresta: lo studi alle elementari quando fai la preistoria, è il tri-ce-ra-to-po!

Uff. Mi rileggo, e mi sto antipatico da solo. Ma lo ribadisco, non è per essere ostinatamente contrario. Mi aspettavo di più da un film così tanto osannato. A caldo, mi ha dato delle belle sensazioni, quindi sono contento di averlo visto. Ripensandoci razionalmente, mi sento un po’ deluso. Mi pare di aver visto la trasposizione fantascientifica di Pocahontas, fatta con dei puffi troppo cresciuti e il ritorno dei transformers.




Dancer eye
domenica, gennaio 31, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Forse io non saprò ballare, ma il mio occhio sinistro sì. Urge una parentesi: in realtà non si sa se io sappia ballare, ma la cosa certa è che noi ragazzi furbi (leggasi: rufiani e bisognosi di un corso d'autostima) diciamo di non saperlo fare, in modo tale che, nel caso dovesse capitare l'occasione, abbiamo messo le mani avanti e la probabile/eventuale figuraccia è attutita dal nostro atto di paraculismo estremo. Ad ogni modo, il mondo attualmente non ha grosse banche dati a disposizione sulle mie qualità motorie.

Dicevo che il mio occhio sinistro, invece, sa ballare benissimo. E' da lunedì che lo fa. Ogni tanto comincia e si mette a tremare. Inizialmente poteva anche essere una cosa simpatica: posavo l'indice sulla palpebra inferiore (se c'è un qualche termine tecnico migliore di "palpebra inferiore" ditemelo perché a me non viene in mente. Comunque ci siamo capiti) e sentivo un formicolio quasi piacevole.

Però non smette! Dopo una settimana, mi secca fare "Uh, mi balla l'occhio!" ogni volta che succede. E' seccante. Pensavo fosse il nervosismo legato all'esame di Calcolo Numerico. Anzi, sicuramente è così, poiché non ricordo di aver sofferto di più per un esame. Che poi è buffo da dire, perché ogni volta che devo dare un orale sono sempre più stressato. Il nervosismo cresce in maniera esponenziale, direbbe un analista. Anzi, un analista direbbe che il limite per i tendente a infinito della funzione Nervosismo(i) è infinito. Ma a noi non interessa questo, dicevamo dell'occhio.

Dopo aver dato l'esame - passato!, pereppeppeppeppè!, breve parentesi di autocelebrativismo - l'occhio ha continuato a muoversi. Ora, mi hanno tranquillizzato dicendomi che è una cosa normale e che passerà nei prossimi giorni (a meno che io non inizi a usare Tesmed, ma non ne ho l'intenzione, grazie). Ma se dovesse continuare, devo assolutamente pensare a un altro modo per dare un utilizzo a questo tic altrimenti improduttivo.

Avevo in mente le seguenti cose: 1) collegare un micromeccanismo alla palpebra in grado di approfittare del movimento per produrre energia elettrica e riuscire a illuminare i paesini sprovvisti di elettricità, come quelli in Botzwana, o come Arcore; 2) calcolare la funzione che esprime il periodo di traballamento dell'occhio: se esiste, sfruttare tale periodo per creare un nuovo sistema temporale in cui non si usano più i secondi, minuti, ore, ma nuove straordinare unità di misura, come il mio periodo di traballamento del mio occhio sinistro, o l'attimo che intercorre tra due miei starnuti, o la potenza dei miei colpi di tosse.

Beh, vado a prepararmi che tra un pochino devo andare. E quando dico "un pochino" intendo 134 traballamenti d'occhio, 12 starnuti e 4,56 colpi di tosse.

Rivelazione Avatar
sabato, gennaio 30, 2010 | Author: Ale [Tredici]



Ammetto che ero partito molto prevenuto. Tutta questa pubblicità, il grande successo, il costo esorbitante... Pensavo che sarebbe stato il classico tripudio americano di effetti speciali. Invece no. Come direbbe la Maionchi: béne, molto béne, mi sei piaciuto.
Breve considerazione su quaranta minuti di palestra
martedì, gennaio 26, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Alla terza canzone di Geri Halliwell mi volevo impiccare in mezzo alla sala pesi.

Dolcenera // One month ago
lunedì, gennaio 25, 2010 | Author: Ale [Tredici]


Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é
amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê
amiala cum'â l'aria amìa amia cum'â l'è
amiala ch'â l'arìa amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

[ Guardala che arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei
guardala come arriva guarda guarda com'è
guardala che arriva che è lei che è lei ]

nera che porta via che porta via la via
nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera
nera che picchia forte che butta giù le porte

nu l'è l'aegua ch'à fá baggiá
imbaggiâ imbaggiâ

[ Non è l'acqua che fa sbadigliare
(ma) chiudere porte e finestre chiudere porte e finestre ]

nera di malasorte che ammazza e passa oltre
nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c'è luna luna
nera di falde amare che passano le bare

âtru da stramûâ
â nu n'á â nu n'á

[ Altro da traslocare
non ne ha non ne ha ]

ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere
ché è venuta per me
è arrivata da un'ora
e l'amore ha l'amore come solo argomento

e il tumulto del cielo ha sbagliato momento
acqua che non si aspetta altro che benedetta
acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale sale
acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte

nu l'è l'aaegua de 'na rammâ
'n calabà 'n calabà

[ Non è l'acqua di un colpo di pioggia
(ma) un gran casino un gran casino ]

ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare
quando ingorga gli anfratti si ritira e risale
e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell'onda
e la lotta si fa scivolosa e profonda

amiala cum'â l'aria amìa cum'â l'è cum'â l'è
amiala cum'â l'aria amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

[ Guardala come arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei ]

acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti
acqua per fotografie per cercare i complici da maledire
acqua che stringe i fianchi tonnara di passanti

âtru da camallâ
â nu n'à â nu n'à

[ Altro da mettersi in spalla
non ne ha non ne ha ]

oltre il muro dei vetri si risveglia la vita
che si prende per mano
a battaglia finita
come fa questo amore che dall'ansia di perdersi

ha avuto in un giorno la certezza di aversi
acqua che ha fatto sera che adesso si ritira
bassa sfila tra la gente come un innocente che non c'entra niente
fredda come un dolore Dolcenera senza cuore

atru de rebellâ
â nu n'à â nu n'à

[ Altro da trascinare
non ne ha non ne ha ]

e la moglie di Anselmo sente l'acqua che scende
dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle
nel suo tram scollegato da ogni distanza
nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza

così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare

Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é
amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê
amiala cum'â l'aria amìa amia cum'â l'è
amiala ch'â l'arìa amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

[ Guardala che arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei
guardala come arriva guarda guarda com'è
guardala che arriva che è lei che è lei ]








N i n e
sabato, gennaio 23, 2010 | Author: Ale [Tredici]


One. Prima italiana di Nine. Cinema Eden, Viareggio. E... non c'era un cane. Probabilmente i cani in questione erano a vedere l'attesissimo, famosissimo, premiatissimo, acclamatissimo (e un sacco di altri issimo) Avatar. Film che non ho ancora visto e nonostante questo si è già prenotato un intervento sul blog - con mio gran disappunto, tra l'altro. Comunque, parleremo di Avatar quando l'avrò visto. Adesso basta. Chiusa parentesi Avatar. Chiusa. Chiusa? Sì, lo è. Dicevo di Nine, il nuovo musical di Rob Marshall, già regista di Chicago. Mi è piaciuto. E questo post raccoglie qualche pensiero su questo film. Precisamente, nove.

Two. Penélope Cruz si conferma la mia attrice preferita. Dopo aver rubato a Scarlett Johansson il primo gradino del podio con la sua interpretazione in Volvèr, in questo film non ha fatto altro che ribadire la propria bravura, eleganza, bellezza e versatilità.

Three. Ma quanto fumano tutti?! I personaggi hanno un sigaretta costantemente incollata alle dita, e non appena la posano, iniziano a cantare come usignoli, sfoggiando voci limpide e cristalline. Tutti tranne Fergie, che paradossalmente è l'interprete della canzone più potente.

Four. Sofia Loren è - nel cast principale - l'unica attrice ad essere italiana. Ed è anche l'unica a non sembrarlo. Forse perché è nata italiana. E poi è stata imbalsamata. Questo spiegherebbe anche come mai appena prova a ridere le si vede una parte di cranio all'attaccatura dei capelli. Evidentemente le colle stanno perdendo d'effetto.

Five. Parliamo di questa Italia. Ho avuto l'impressione che il ritratto che le si è dato nel film rispecchiasse, più che l'immagine dell'Italia, quella dell'America. Con la sola differenza che in America se li sognano scenari così. 

Six. Seducenza allo stato puro. Ovviamente è un film incentrato molto sulla figura della donna, visto che ne analizza sette tipi, dall'amica alla moglie all'amante alla prostituta alla madre alla musa. Tutte analisi molto superficiali in realtà: non si può pretendere che in due ore si scavi nel cuore di così tanti personaggi. Ad ogni modo, le parentesi che apre su ognuna di loro sono interessanti. Sterili, ma interessanti.

Seven. Il titolo: nove. Okay, fa riferimento all'età mentale che il protagonista dice di avere. Ma è anche un chiaro richiamo alle muse dell'Antica Grecia. Ecco: la mia precisione maniacale è alquanto seccata dal fatto che poi le donne di Nine sono sette e non nove.

Eight. Canzoni e musiche molto carine. La mia preferita è l'Overture delle donne (che ho pubblicato in cima al post), poiché ci sono tutte e sette, seguita a ruota da Be italian di Fergie. Ma la cosa drammatica è che il mulo non mi scarica la colonna sonora!

Nine. Be italian!




La palestra: perché? Qui è spiegato l'oscuro motivo
giovedì, gennaio 21, 2010 | Author: Ale [Tredici]

Cell - *** Driiin ***
Bocca di Ale - Pronto?
Cervello di Ale - Frena, c'è uno stop
Cell - Prontoalessandrociaosonofrancescadellapales....
La voce femminile sfuma mentre il telefono viene gettato sul sedile del viaggiatore
Dopo dieci secondi viene attivato il vivavoce
Cell - (tra il preoccupato e il perplesso) Pronto? Pronto, c'è nessuno?
Bocca di Ale - Pronto.
Cervello di Ale - Ora è verde, parti
Cell - Pronto, Alessandro? Sono Francesca, della palestra (sbrodolata in inglese)
Bocca di Ale - Chi?
Cervello di Ale - Chi?
Cell - Francesca, della palestra (stessa sbrodolata anglosassoneggiante di prima)
Bocca di Ale - Ah, ciao!
Cervello di Ale - Chi?
Cell - Ciao! Ti volevo dir//
Cervello di Ale - Accosta.
Bocca di Ale - Scusami Francesca, è che adesso sto guidando. Un attimo che mi fermo eh...
Cell - Certo.
Bocca di Ale - Ecco, ci sono.
Cell - Ciao Alessandro, ti volevo dire che la palestra blablabla ti fa un regalo. Un mese omaggio di sport!
Cervello di Ale - Ci mancava anche questa.
Bocca di Ale - Ehm... Grazie? Cioè: grazie.
Cell - Prego! Così volevo chiederti quando avevi intenzione di iniziare.
Cervello di Ale - Rimanda-non-hai-tempo-esami-prove-corsi-casa-no-tempo-no-tempo
Bocca di Ale - Sì, ma siamo sicuri che... Ehm, scusa la diffidenza, eh...
Cell - Figurati!
Bocca di Ale - Ecco, ma siamo sicuri che poi il mese è proprio proprio omaggio?
Cervello di Ale - Per nulla, direi.
Cell - Dunque, tu provi il primo mese, poi se vuoi puoi decidere di continuare...
Bocca di Ale - Ahhhh!
Cervello di Ale - (fulminato da un'improvvisa illuminazione) Ehi, un momento. Dieci minuti fa, nel camerino del negozio, ti sei specchiato e io ho pensato che dovevi ricominciare un po' di attività fisica.
Cell - Alessandro? Ci sei sempre?
Bocca di Ale
- Ahhh sì, scusa, è che il cervello ha fatto un discorso più lungo stavolta.

Cell - Come?
Cervello di Ale - Sei uno scaricabarili. E idiota. Uno scaricabarili idiota.
Bocca di Ale - Va bene, allora penso che verrò!
Cell
- Ottimo, a presto...
Bocca di Ale - A presto
Cervello di Ale - Ma gli struzzi sono davvero viola come quelli del Re Leone?



Blue monday
lunedì, gennaio 18, 2010 | Author: Ale [Tredici]
...che in italiano non si traduce con il letterale "Lunedì blu", poiché è il nero che il modo di dire associa ad una giornata andata male. Oggi, secondo lo psicologo inglese Cliff Arnall, è il giorno più infelice dell'anno. Il terzo lunedì di Gennaio è il blue monday. A causa di tanti fattori: vacanze finite, estate lontana, tendenziale brutto tempo, buoni propositi per il nuovo anno già infranti e speranze già deluse.


Ora, con molta calma e una buona dose di raziocinio, cercherò di analizzare la mia giornata.


Domani ho un esame. Che molto probabilmente boccerò, poiché non ho avuto né il tempo né le forze per prepararmi adeguatamente (questo a voi non frega niente, ma a me serve per auto-convincermi e rasserenarmi che ho fatto tutto il possibile. Sì, esatto, bravi: me la racconto). Questa consapevolezza mi ha fatto rimanere più o meno tranquillo per tutto il giorno, e non mi sono nemmeno agitato troppo quando ho constatato che in otto ore di studio ero riuscito a fare solo due esercizi.


A pranzo ho mangiato un trancio di pizza e una focaccina. Ma ero insieme a due persone a cui voglio un bene immenso, per cui non è stato pesante. E poi... la schiacciatina con cecina-rucola-pomodori... è potente! 


La macchinetta del caffè non distribuiva più le palettine, né lo zucchero, con mio estremo disappunto. Ciò non è stato proprio proprio positivissimo in effetti. Anzi, quel caffè mi è andato giù con difficoltà, poiché sono abituato a prenderlo molto dolce (cinque pallini illuminati della macchinetta, per intenderci). Ma ciò ha contribuito a rendermi più vigile e concentrato nelle ore di studio successivo! Non tutto il male viene per nuocere, e nemmeno tutto il caffè amaro (bastardastronzainfame di una macchinetta, tra parentesi).


Ho notato di aver sviluppato una tendenza irritante a dire "poiché". Questo a causa di tutti i teoremi di calcolo numerico che ho dovuto dimostrare, e di tutti i passaggi da giustificare. "Poiché" e "perciò" sono due parole che non sopporto, troppo formali. E adesso le metto in ogni frase, insieme a "tuttavia" e "okay" e "carino". Ma, a pensarci bene, le parole non devono starmi antipatiche: è bene che mi abitui.



Sono tornato a casa per lenteacontattarmi. Che non significa che dovevo telefonarmi componendo il numero molto adagio. Ma credo che non ci fosse bisogno di spiegarvelo, ora che ci ragiono. Beh, comunque sono rimasto in casa sì e no venti minuti, per controllare la posta e bere un bicchier d'acqua. Mi sono portato un pezzo di pane in macchina da mangiare mentre ero in coda ai semafori (casualmente, trovo sempre un sacco di semafori rossi quando sono in ritardo, ed ero in ritardo di... troppo tempo). Beh, qui non c'è molto da dire... Ma il pane era fresco, dai.


Arrivo alla sede di Spett'attori, che sarebbe un corso di playback theatre a cui partecipo. Lo scrivo in inglese perché fa molto più figo, e così ho modo di tirarmela un po' (e soprattutto perché non credo che esista un termine equivalente in italiano), ma in realtà è un semplice corso di teatro sociale, che consiste in tecniche sperimentali non difficili da spiegare. E' stata una delle lezioni più emozionanti di tutto il corso. Non sto a entrare nei dettagli, ma quando sono uscito mi sentivo proprio... bene.


E ora sono qui, a scrivere cretinate sul mio blogghino. Dopo aver mangiato ed aver ascoltato un po' di musica, ovviamente. E penso che, tutto sommato, paradossalmente, in conclusione (e tutta una serie di altre locuzioni come queste), il mio monday non è stato proprio proprio così blue.



Il tuo Cristo è ebreo e la tua democrazia è greca. La tua scrittura è latina e i tuoi numeri sono arabi. La tua auto è giapponese. Il tuo caffè è brasiliano. Il tuo orologio è svizzero e il tuo walkman è coreano. La tua pizza è italiana e la tua camicia hawaiana. Le tue vacanze sono turche, tunisine o marocchine. Cittadino del mondo, non rimproverare al tuo vicino di essere straniero.


[ 1994, manifesto sui muri di Berlino ]















L'idea
venerdì, gennaio 15, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Grazie. No, sul serio: grazie. Se avete deciso di darmi una possibilità nonostante il titolo che rimanda a un iperuranio platonico e nonostante abbiate esperienza di cosa succede quando mi metto a parlare di filosofia (vedi ultimo post), significa che avete fegato e magnanimità. Oppure che siete semplicemente degli sprovveduti che amano il rischio. Un po' come quelli che attraversano la strada a un metro da Porta sant'Anna. Vezio li chiama "idioti"; anch'io uso lo stesso epiteto, tranne quando sono in vena di carinerie come adesso, momenti in cui uso l'espressione "sprovveduti che amano il rischio". Affettuosamente, sia chiaro.

Ad ogni modo, qualsiasi sia il motivo che vi ha spinto a leggere queste prime righe, vi è andata bene. Non parlerò di filosofia. O meglio, non direttamente (perché si sa, la filosofia è ovunque!). Parlerò dell'idea, e dell'importanza di averla per primi. Perché è importante avere un'idea per primi, oppure averla nel momento giusto.

Esempio. John Cage era un musicista statunitense. Tra le sue opere, nel 1952 ne scrisse una, chiamata 4'33'', per qualsiasi strumento. Il pezzo consiste nel non suonare lo strumento per 4 minuti e 33 secondi. Questo brano in realtà ha profondi significati filosofici di cui io ho promesso di non parlare (comunque se siete curiosi potete leggerli su Wikipedia). Ma più che parlare dell'opera in sé, mi interessava dire che... se un qualsiasi cantante barra musicista barra deficiente, OGGI, pensasse di incidere un brano come questo, verrebbe altamente e immediatamente spernacchiato da tutti. Perché? Perché ci ha già pensato Cage! Se lo rifai tu non vale! E' lui che ha avuto l'idea per primo. Lo stesso vale per ogni altra opera artistica del mondo, credo.


Al giorno d'oggi non è difficile procurarsi i mezzi per copiare un oggetto. Con un minimo di capacità, posso scrivere un libro copiandone un altro. Posso riprodurre fedelmente qualsiasi quadro del mondo. Posso fare la cover di qualsiasi canzone del mondo (beh, non io io, ma qualcuno dotato di una voce ascoltabile o cdell'abilità di suonare uno strumento potrebbe). Ma questo sarebbe - ovviamente, e per fortuna - plagio.


Ma se io - senza sapere di Cage - pensassi a una cosa analoga a 4'33''? Se io non conoscessi la trama dei Promessi Sposi e scrivessi una storia dagli stessi sviluppi? Se mi venisse in mente di scolpire qualcosa in grado di suscitare la stessa intensità emotiva della Pietà, pur non avendo mai visto l'originale e non avendo mai sentito parlare di Michelangelo? 

Beh, intanto rassicuro tutti che al massimo sarei in grado di costruire un pesce di pongo. Comunque, è chiaro che sarebbe plagio lo stesso. Ma con la differenza dell'assenza di malafede. Non che mi interessino le implicazioni legali del plagio, o la sua definizione in termini giuridici. Però la conclusione a cui umilmente riesco a giungere è che se vuoi far conoscere al mondo la tua arte, bisogna che ti sbrighi. Il successo è condizionato da due variabili: che tu sia il primo ad aver avuto quell'idea; e che quell'idea ti sia venuta nel momento giusto (ce lo volevo vedere un Cage nel Medioevo a proporre un pezzo muto. Sarebbe stato BRUCIATO in 4 minuti e 33 secondi, altro che...).

Tutto questo per dire che adesso siete qui a leggere le mie cazzate. Invece dovreste impiegare il vostro tempo per pensare e produrre la vostra idea. Prima che sia il vostro vicino di casa ad averla. 





Sostanza inzuppata nella cioccolata
martedì, gennaio 12, 2010 | Author: Ale [Tredici]
Non ricordo se alle elementari abbia mai avuto un insegnante poco competente. Le maestre erano tutte brave, oppure io ero troppo ingenuo e ancora troppo poco istruito per percepire una qualche loro mancanza. Comunque ringrazierò sempre le storielle di Leda ("le vocali litigano, una piange e va via e lascia una lacrima, che è l'apostrofo") e l'abaco di Paola ("il pallino verde indica le centinaia, e va nel terzo stecchino"), e i buffi rimproveri di Luigina ("cosa ci fanno ancora là fuori, quelle befane?! la campanella è suonataaaa!").



Alle medie ero già più perspicace, e posso tranquillamente affermare che il professor FR (musica) è stato il peggior elemento di quei tre anni, in cui è riuscito a insegnarci a suonare Venus al flauto dolce. E basta. Beh, cosa pretendete da uno che lascia una classe a guardare un film di Boldi e De Sica e se ne va a provarci con le bidelle?


Pensando al liceo, invece, posso ricordare alcuni casi di professori particolarmente incapaci o idioti. Ma il premio per l'incompetenza credo spetti all'insegnante di filosofia della terza. NC. A distanza di quattro anni, voglio sperare che la sua abilità abbia raggiunto un livello accettabile. In breve, sarebbe davvero carino se avesse capito la differenza tra "spiegare" e "far leggere il libro dagli alunni". E sarebbe altrettanto carino se avesse cominciato - finalmente - a studiare la filosofia.


Ad ogni modo, il post di oggi nasce proprio da un concetto che la giovanissima signora NC conosceva in modo sbagliato. Esatto, avete capito bene: sto per parlare di filosofia (ta ta ta taaaaa, musichina thriller). Non vorrei essere troppo palloso, quindi mi aiuterò con Wikipedia per descrivere l'esatta concezione pensata da Aristotele. Poi una bozza di quello che aveva capito NC leggendo dal libro. E poi finalmente possiamo passare alla mia versione, che è necessariamente più umile e idiota di quella aristotelica (e questo è il principale motivo per cui non mi troverete mai in un libro di filosofia).


Quindi:
- Aristotele (link): la sostanza è la più importante tra le categorie (che sono le caratteristiche fondamentali dell'essere), su cui poggiano tutte le altre categorie, e per cui una cosa può venir detta esistente.
- NC (il link non c'è, grazie al Cielo, ne metto uno a caso): insieme alla forma (come una cosa si presenta ai sensi) costituisce l'essenza di una cosa [in realtà questo concetto è parzialmente corretto, se sostituiamo qualche termine].



Grazie alla sbagliata interpretazione di NC, io ho potuto sviluppare una teoria. Questo è un punto a favore di NC, che subito viene perso se si pensa che tale teoria è completamente inutile e che viene pubblicata su questo blog insulso - di cui io però vado fierissimo, sia chiaro. 

Ero lì che facevo merenda coi befanini inzuppati nella cioccolata, e pensavo a una conversazione avuta l'altro giorno con i parenti. Mia sorella aveva visto in un negozio un mobile fatto a cilindro che ha la caratteristica di ruotare su sé stesso. Ecco: mamma sosteneva che fosse molto carino; nonna, al contrario, pensava che si trattasse di uno spreco di soldi, in quanto avrebbe occupato solo spazio e non sarebbe stato utile.
Io, avendo da poco sviluppato una viscida tendenza al politically correct, ho concluso che preferisco un giusto compromesso tra l'estetica e la funzionalità, tra il bello e l'utile, tra la forma e la sostanza. La virtù sta nel mezzo.


Vi chiederete: cosa c'entrano i befanini inzuppati nella cioccolata? C'entrano eccome, perché proprio oggi ripensavo a quella conversazione. E pensavo - dimenticando completamente il proposito del politically correct - che non è vero che la virtù sta nel mezzo. Perché una cosa deve essere necessariamente un compromesso tra ciò che è utile e ciò che è bello? Non può essere una cosa bellissima e anche utilissima? Non si può tendere al massimo dell'estetica e al massimo della funzionalità?



E poi ho pensato che i befanini inzuppati nella cioccolata erano davvero eccellenti, così ho dedicato le mie elucubrazioni all'alta pasticceria, argomento che esula da questi appena trattati (anche se probabilmente più interessanti e appetitosi).


E adesso, poiché trovo questo post molto noioso, dirò qualcosa che vi farà dimenticare di averlo letto: lo sapete che Tonio Cartonio non è più alla melevisione? E' stato sostituito da suo cugino, un tal Milo Cotogno. Secondo me non è davvero suo cugino. Ha un'aria molto meno cretina. Peccato.



Dipendenze
giovedì, gennaio 07, 2010 | Author: Ale [Tredici]
C'è un filo sottilissimo che sostiene tutto il mio peso e mi impedisce di cadere nell'intorpidito oblio amebico di chi sceglie di lasciarsi trasportare dalla marea. Una estremità è attaccata al cielo, l'altra mi punge il collo e mi tiene sospeso in uno stato di confusa e forzata attenzione. Questo filo ha la consistenza del nylon e la fragilità del burro, ma soprattutto ha la dolcezza dello zucchero. Questo filo si chiama caffè, costa 35 centesimi ed è il motivo per cui ancora riesco a sopravvivere. 


Nei giorni scorsi mi sono reso conto che ho diversi vizi da cui dipendo. Chiamarli vizi non mi spaventa; anzi, non nascondo che averne soddisfa la mia insaziabile sete estetica. Dipendere dagli psicoattivi è maledettamente decadente. Forse lo sarebbe anche la nicotina, ma - ahimé - non sopporto l'odore della sigaretta né quello del fumo, senza contare che ingiallisce la punta delle dita, e lascia un alone marcio nei denti e un alito che personalmente preferisco evitare. Invece il caffè se ne va liberando gustosissimi succhi dolciastri, e per una mezz'oretta la bocca si bea nel piacere.


E poi dipendo dalla musica. Non riesco a concludere la giornata senza essermi fatto la mia buona dose di musica. E' proprio impossibile, provo dolore quasi fisico (e non sto scherzando!) se non soddisfo questo bisogno. E' un rituale che prevede delle tappe precise. Innanzitutto devo essere da solo, per cui mi barrico nella mia stanza. Ma non basta, perché possibilmente devo esserne il solo fruitore, quindi faccio in modo che le persone con cui convivo (anche chiamate sorella, papà, mamma, nonni) siano nelle stanze più lontane dalla mia - e a questo proposito ho scoperto che Affari Tuoi è un ottimo strumento di distrazione. Dopodiché alzo il volume e entro nel mio trip. Non uso quest'ultima parola a caso, i miei sono veri e propri viaggi in altri mondi: per questo mi servo soprattutto di musica onirico-psichedelica (o almeno che sembri tale). Invece, ultimamente, grazie alla mia consulente musicale di cui esistono ben poche repliche al mondo, ho scoperto di adorare il modo sensualissimo con cui Carmen Consoli strascica le doppie come se fossero una lettera sola. Chiusa parentesi.


Inoltre, non posso fare a meno, ogni tanto, di scrivere. Scrivere scemenze, come questa, o come praticamente ogni altra cosa che sta sul presente blog. O inventare parole nuove e dall'aria intellettuale, vedi il sopracitato (e sicuramente inesistente) "amebico".


Ci sono dipendenze che non credevo di avere, e da cui nei giorni scorsi mi sono dovuto staccare. Per esempio quella che durante il sonno stabilivo con il mio cuscino. Il nostro era un rapporto simbiotico. Beh, il mio cuscino era il migliore cuscino del mondo, se ne sarebbe innamorato anche un insonne. Però purtroppo è affogato, e il nostro matrimonio è stato spezzato. Ad ogni modo, sono contento che tal divorzio sia avvenuto per il suo annegamento, e non per il mio.


Poiché non vorrei che si dubitasse della mia umanità (di cui io stesso mi interrogo più volte della sua esistenza) taccio su altri vizi - di cui mi dimentico più o meno volutamente - e concludo dicendo che la mia forse più grande dipendenza è quella dell'amicizia. Ma non aggiungo altro, perché non vorrei scadere nella retorica, e soprattutto perché sto coltivando da mesi l'immagine del cattivo ragazzo, e ciò sarebbe controproducente ai miei scopi (e a quelli della polizia, che ormai gioca a freccette con la mia faccia affissa sulle bacheche di tutta la procura). 



P.S. Disclaimer: questo post è stato scritto a causa di un'altra dipendenza che si è sviluppata pochi giorni or sono. Quella della ricerca della normalità. Vengo da un periodo un pochino scombussolato (e umidiccio, aggiungerei con un sorriso) e solo oggi ho deciso di ricercare le situazioni che vivevo prima di Natale. E ho scoperto che forse non sarà così difficile, se mi impegno. Per cui non prendete questo post come l'apoteosi della solennità o della serietà. C'è tanta, nuova ironia, qui dentro. Besos!