La fortuna non può essere imbottigliata in una fialetta. Può accadere nel mondo dei maghi, forse, ma nel mondo dei maghi ci sono anche i draghi, e gli elfi domestici e le fotografie si muovono. Nel nostro mondo - asfalto, cotone sintetico, crociere e televisioni - non si può.
Però pensavo che si potesse... cercare, quantomeno. Perché se una cosa esiste davvero, da qualche parte deve trovarsi. Così mi sono deciso. Volevo andare a caccia di fortuna. Sì. Da dove cominciare? Non in casa di certo. In casa non succede niente. La casa è un posto bellissimo perché ti protegge ti culla ti fa sognare, ma sicuramente la fortuna non si trova lì. Allora ho preso la bici, mi sono infilato le cuffie alle orecchie, e sono andato a cercare a Lucca. A Lucca, perché una mia cara amica mi aveva detto che l'aveva vista spesso girare a Lucca. Magari l'avrei vista anch'io.
Quindi, dicevo: bici, mp3 e via verso la città. L'ho setacciata. Ho percorso stradine che non sapevo nemmeno esistessero. Ho vagato per viottoli, vie, viali. La cercavo, speravo che potesse essere da qualche parte, immersa tra i turisti e il caldo. Sono stato nei parchi giochi, in tutti: magari la fortuna porta i cuginetti o i nipotini a divertirsi sull'altalena. Ho fatto un giro di mura, perché c'era la possibilità che facesse footing. Velocemente (per assicurarmi di visitare ogni angolo della città ero in bici, infatti) analizzavo ogni faccia: quelle intente a scegliere i vestiti nei negozi, quelle sdraiate ai baluardi, quelle sedute sui gradini di un ingresso...
Mentre giravo, pensavo a cosa avrei potuto dirle se l'avessi trovata. Oh, ciao Ale, che giri qui in città? Ciao fortuna, cercavo... te. E magari a quel punto avrebbe sorriso. Perché io penso che faccia sempre piacere essere cercati, anche se magari quello che ti cerca non è il tuo tipo. E allora avrei detto: Sai, fortuna, io devo dirti una cosa. E' tanto che ci penso e devo proprio parlarti. Hai cinque minuti, o magari venti, o anche un'oretta intera? E a quel punto mi avrebbe preso per mano e saremmo andati in un luogo dove poter parlare senza essere ascoltati, io le avrei detto la verità; e l'angoscia - quella sensazione di non finire mai di annegare - sarebbe finita una volta per tutte.
Niente, nessuna traccia di fortuna quel giorno.
Ci ritornai il giorno dopo, e il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Niente, niente e ancora niente. Solo ieri mi è sembrato di vederla dentro il Re-wine. Era di spalle, e non ero così sicuro che fosse lei, per cui dovetti controllare di nuovo. Passai cinque o sei volte davanti al pub, come un imbecille. Alla quinta volta era seduta con un uomo, sempre dandomi le spalle, coperte da una maglia verde. Mi sembravano i suoi occhiali, ma non ne ero certo. Alle orecchie non aveva accessori ed era strano perché mi avevano detto che ne porta sempre. Non potevo andare via: dovevo assicurarmi che fosse lei. Allora mi fermai vicino all'ingresso, e feci finta di controllare il cellulare. Dopo cinque minuti uscì la persona con la maglia verde, ma non era lei. Sono tornato a casa un po' triste, ieri. Deluso, e con il tormento a fermentare sotto l'epidermide.
Morale della favola: non ve la dico. Bene bene, pappappero. Non ve la dico per due motivi. Il primo è che è la verità, e la verità fa male, e io non voglio fare del male ai miei pochi lettori - non direttamente, almeno. E il secondo è che è tremendamente più utile se ci arrivate da soli.
I’ve got a really bad disease
It’s got me begging
On my hands and knees
Take me to the emergency
‘Cause something seems to be missing
Somebody take the pain away
It’s like an ulcer bleeding in my brain
Send me to the pharmacy
So I can lose my memory
I’m elated
Medicated
Lord knows I tried to find a way to run away.
I think they found another cure
For broken hearts and feeling insecure
You’d be surprised what I endure
What make you feel so self-assured?
I need to find a place to hide
You never know what could be
Waiting outside
The accidents that you could find
It’s like some kind of suicide
So what ails you is what impales you
I feel like I’ve been crucified to be satisfied
I’m a victim of my symptom
I am my own worst enemy
You’re a victim of your symptom
You are your own worst enemy
Know your enemy
I’m elated
Medicated
I am my own worst enemy
So what ails you is what impales you
You are your own worst enemy
You’re a victim of the system
You are your own worst enemy
You’re a victim of the system
You are your own worst enemy
[ Green Day - Restless Heart Syndrome ]
Okay. Vi sono mancato? Su, ditemi di sì.
Okay, okay: no. Non c'è bisogno di fare quelle facce imbarazzate, non occorre distogliere lo sguardo o cambiare argomento (e soprattutto, le proprietà mediche dell'eucalipto non sono abbastanza interessanti da attrarre la mia attenzione!). Non occorre, lo capisco anche da solo che non vi sono mancato, ecco!
A me siete mancati invece!
Però tra una cosa e quell'altra non mi è mai venuta l'ispirazione. In realtà nemmeno adesso mi sento molto motivato, però ho paura che blogspot mi esili se non metto qualcosa ogni tanto. E invece della solita canzone barra citazione barra fotografia, stavolta scrivo qualcosa di mio. Come dice il mio maestro, "Ricordati che sei uno scrittore. E ricordati che gli scrittori, ogni tanto, scrivono". Per cui, eccomi qua. Forse potrebbe essere carino farvi un sunto. Le cose meno importanti, quelle più divertenti. In ordine sparso, da leggere così, quando si vuole, perché una tira l'altra (come le ciliegie. O gli esercizi di logica).
1.
Ieri ho avuto l'ultimo esame dell'estate. Non considero Fisica che lo lascio a settembre, e mi torna comodo considerare settembre come mese autunnale, almeno posso dire che per l'estate ho finito con gli esami, anche se tecnicamente il 9 settembre è ancora estate. Ma magari esiste qualche cultura subsaharianpolaraustroungaricaboreale che esclude il 9 settembre dai mesi estivi. Vabbè, quante cretinate che scrivo. Dicevamo: ieri, ultimo esame. E che esame! Do-di-ci crediti, una palla mostruosa, sicuramente il più difficile di tutto il primo anno. Mi è costato una quantità spropositata di brufoli e occhiaie. La mattina mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Forse perché ero talmente suonato che invece di specchiarmi osservavo un quadro credendo che mi riflettesse. Ecco perché non mi riconoscevo! Beh, comunque: arrivo a Pisa, solito colorito cenceo pre-esame, solita aria "mi-sono-appena-fatto-una-dose" e solita consapevolezza di bocciare. Per forza: stavolta non avevo studiato molto. Per un motivo o per un altro durante l'ultima settimana di studio non ero riuscito a concentrarmi molto, sicché delle cinquanta dimostrazioni da sapere sono riuscito a impararne una ventina. Poi l'esame è andato bene, dato che ho avuto una fortuna mostruosa. Non mi dilungo in dettagli (in questo momento potete immaginarmi con un'aureola che mi volteggia sulla testa e una faccia angelicamente angelica).
2.
Canzoni che mi hanno fatto compagnia in questo periodo. Dunque, dunque. Innanzitutto, la superficialità estrema. Ho chiesto a qualche amico e amica di mandarmi le canzoni più stupide che conosce. Devo dire che il primo posto se lo dividono Caramelldansen e Geri Halliwell, che sono diventati la mia musica idiota preferita. Poi una a caso mi ha fatto ascoltare Charlie fa surf (quanta roba si faaaaa emmediemmeaaaaa sfiguratelo in voltoooo con la mazza da golf) ed è stato amore. No, proprio amore amore no, via. Poi, poi, poi: mia sorella ha comprato il nuovo album dei greeeeeeeeen day, che è simpatico. E ora me lo sto ascoltando. E' il solito punkino leggerino però è divertente. Poi due chicche: Roy Orbison (che mia sorella chiama Orvoloson, in onore di Voldemort) e Cesare Cremonini. Mi vergogno mucho di queste due new entry, ma quel che va detto va detto. E nelle classifiche di Giugno - ebbene sì - ci sono anche loro. Poi vediamo... Sto sicuramente dimenticando qualcosa. Dire Straits? Sì, sì, anche loro. Ma non con molta convinzione, devo dire. Mi ci devo impegnare di più. Anastacia? L'ho anche sentita dal vivo al Summer Festival (o meglio: dal bar vicino all'Astra, non ho pagato il biglietto :P). A proposito! Stasera c'è il concerto gratuito di Avitabile con Karima al Summer Festival. Ecco, andate lì per favore, invece di venire tutti a vedere Harry Potter!
3.
Ho da poco rivalutato Facebook. E' UTILISSIMO! Si scoprono un sacco di cose interessanti. Fonte inesorabile di conoscenza, e si sa che la conoscenza è tutta linfa che può facilmente assumere la forma delle illusioni, e si sa che le illusioni sono molto più nutrienti della realtà, e... No, basta. Discorsi assurdi. Però ho scoperto nuovi giochini: innanzitutto quello che devi scrivere le lettere che ti cascano giù (sono un fenomeno!), poi quello che devi spostare le palline e fare i tris con i colori (è una droga, non provatelo mai), poi i test odiosi, che ti dicono come baci da uno a dieci, qual è la tua posizione preferita, sai far impazzire chi ti ama, con che lettera inizia il nome della persona che ami, chi ami, che ami, ma ami? Poi quelli che ti fanno scegliere se preferisci l'estathé al limone o alla pesca (al limone), Berlusconi o un water (il water), Lost o Will&Grace (Will&Grace!), la 500 o la Mini (la 500, mi sembra ovvio...).
Vi saluto, perché oggi ho mangiato la pasta a pranzo e non l'ho ancora scritto su Facebook. Alla prossima!
Dal Vangelo secondo Leibniz:
- Non avrai altro Dio all'infuori di Taylor
- Non nominare il nome di Weierstrass invano
- Ricordati di santificare i punti di accumulazione
- Onora gli intervalli chiusi e limitati
- Non calcolare la tangente in pi greco mezzi
- Non derivare (se la funzione non è continua)
- Non commettere L'Hopital impuro
- Non pronunciare falsa dimostrazione
- Non desiderare la funzione d'altri
- Non desiderare il teorema d'altri
e per finire
- Ama il numero di Nepero come te stesso
Negalo.
lunedì, maggio 18, 2009
| Author:
Ale [Tredici]
Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino.
Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana.
E la razza umana è piena di passione.
Medicina, legge, economia ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento.
Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore: sono queste le cose che ci tengono in vita.
Le macchine ce l'hanno con me. Si stanno ribellando. Stavo pensando che forse avrei dovuto prenderlo come un segno del destino, ma non credo al destino, per cui logicamente non posso nemmeno credere che il destino mi possa mandare dei segni. Dopo questa perla di stoltezza passo a raccontarvi dei recenti avvenimenti.
Dopo mesi e mesi di tentennamenti, giovedì pomeriggio mi decido ad installare Ubuntu [Breve parentesi: Ubuntu è un sistema operativo, tipo Windows]. Metto il disco, e non funziona. Riavvio il computer, e non funziona. Aggeggio nel BIOS, e non funziona. Perdo tutta - forse non avete letto bene, lo ripeto: TUTTA - la giornata a cercare di installare 'sto cacchio di Ubuntu e non mi riesce.
E stanotte torno a casa, e trovo sul tavolo un messaggio di mio papà "Ubuntu funziona, il nome utente è ale e la password è quella che avevi detto te". Mi vengono quasi le lacrime, che si trasformano in un pianto copioso quando accendo il computer e vedo che effettivamente mi chiede se voglio avviare Windows oppure Ubuntu.
Adesso è doveroso ringraziare tutti, quindi:
- Grazie ad Annalisa e Nicola che mi hanno fornito il disco di installazione. Poi alla fine ne ho dovuto utilizzare un altro che ho masterizzato da me, ma grazie lo stesso
- Grazie a Simona per avermi fatto parlare con Enzo
- Grazie, quindi, ad Enzo, che molto gentilmente ha cercato di spiegare ad uno sconosciuto completamente ignorante in materia che cosa fosse una macchina virtuale
- Grazie a Laura per aver preso gli appunti di Fisica mentre io cercavo mi deprimevo sul programmino di Algoritmica
- Grazie a Vezio per aver tentato di consolarmi: "Eh, i computer fanno così, tu segui tutte le istruzioni e non funzionano per qualche strano motivo"
- Grazie a Filippo, che ormai è il mio tecnico di fiducia, anche se stavolta non ha potuto fare niente contro la forza di ribellione delle macchine nei miei confronti
- Grazie a Giuli, per... boh, così!
- Grazie a Valentina, per avermi caldamente consigliato di cambiare computer. E' sempre una soluzione...
- E infine, Grazie al Santo Padre, che non è il Papa, ma è il papà - mio papà - perché in casa lo chiamiamo per scherzo il Mago del Web, ma delle volte qualcosa ci capisce davvero (e poi ha avuto culo).
Ed ora c'è la seconda mission: impostare la rete internet!
Ragazziiiiii, mi date una mano?
Sostantivo, maschile.
(1) Cercare parcheggio a Tirrenia, e trovarlo.
(2) Cercare parcheggio a Tirrenia, e trovarlo non a pagamento.
(3) Cercare parcheggio a Tirrenia, trovarlo non a pagamento e proprio davanti all'entrata della spiaggia dei tuoi amici.
Dunque, la cosa sicura è che io non ho memoria. O meglio: ce l'ho, ma non mi funziona molto bene. Ricordo solo le cretinate più assurde, e ovviamente le cose tristi (ma quello è normale, quindi non è molto interessante). Per esempio, ricordo che in quinta elementare avevo usato il pennarello verde per depennare "pasta al pesto" dal menù della mensa. E ricordo che alle medie avevo trucidato un'intera gomma per tirarla addosso a Martina L, ma la prof di italiano mi scoprì e rovinò il piano diabolico che avevo architettato (parentesi: deve essere da quel momento che la maledizione della gomma mi colpì, e da allora fui condannato a disegnare cose senza senso sul quaderno, e a cancellarli subito dopo. Un vizio che è durato per tutti e cinque gli anni di liceo - mi chiamavano Cancellino, da tanto che usavo la gomma - e che mi porto ancora dietro. Finiamo 'sta parentesi, va'...). Poi ricordo che alle superiori la prof mostrò a tutta la classe un mio schemetto di storia, che secondo me era orribile, ma che evidentemente a lei piaceva. Vi garantisco che era una cosa inguardabile; da tanto che avevo premuto col pennarello c'era anche venuto un buco veramente antiestetico. Il primo ricordo che ho è di me seduto sul mobiletto del telefono a chiedere a mia madre lo yogurt all'albicocca. La leggenda vuole che la prima parola che ho pronunciato sia stata "Cocca" che sta appunto per "Yogurt all'albicocca", ma queste sono solo voci mai verificate. Da piccolo mangiavo un sacco. Ed ero anche bello paffuto, non come adesso, che se mi vedesse un egizio mi mummificherebbe.
Tutto questo patetico preambolo sarebbe dovuto servire per dire che ci sono ricordi che, sebbene siano cazzate incredibili, non vorrei eliminare. Oddio, dello schemetto di storia ne farei volentieri a meno. Però ci sono altre cose che invece mi piacerebbe dimenticare. Pensieri, eventi passati, giornate. Oggi, per esempio. Vorrei svegliarmi domani e non essere consapevole di quel che è accaduto oggi. Passare dallo ieri al domani. Solo per questa volta, sia chiaro. Conosco la storiella che ieri è passato, domani è un mistero, ma oggi è un dono, per questo si chiama presente. Sì, sì, lo so, evviva, non ci son più le mezze stagioni, mangiare frutta e verdura fa bene, il nuoto è lo sport più completo. Okay. Però no, sono un attimino nervosetto. Ci vorrebbe che qualcuno inventasse un oggetto per me. Il dimentica-giorni. L'ho pensato così: si indossa un casco (lo immaginerei rosso con disegnate delle saette gialle, ma se poi è di qualche altro colore va bene lo stesso), a cui sono collegati tutti dei cavetti blu (che anche se non sono blu è lo stesso, insomma...) che fanno capo a una macchinetta. Qui si imposta il giorno, poi si preme il tastone verde al centro (che anche se non è verde... oh, diamine, avete capito!). E ta-daaan! Giornata scomparsa. Oh, sì, farebbe al caso mio.
Il verso è tutto. Nella imitazione della Natura nessuno strumento d’arte è più vivo, agile, acuto, vario, moltiforme, plastico, obbediente, sensibile, fedele. Più compatto del marmo, più malleabile della cera, più sottile d’un fluido, più vibrante d’una corda, più luminoso d’una gemma, più fragrante d’un fiore, più tagliente d’una spada, più flessibile d’un virgulto, più carezzevole d’un murmure, più terribile d’un tuono, il verso è tutto e può tutto. Può rendere i minimi moti del sentimento e i minimi moti della sensazione; può definire l’indefinibile e dire l’ineffabile; può abbracciare l’illimitato e penetrare l’abisso; può avere dimensioni d’eternità; può rappresentare il sopraumano, il soprannaturale, l’oltramirabile; può inebriare come un vino, rapire come un’estasi; può nel tempo medesimo possedere il nostro intelletto, il nostro spirito, il nostro corpo; può, infine, raggiungere l’Assoluto.
[ Il Piacere - Gabriele D'Annunzio ]